Ciao Amici,
oggi metto un po’ in ordine i pensieri, e vi racconto “come sto”, che è una delle domande più dolci e ricorrenti degli ultimi, velocissimi, quanto duri, quindici giorni.
Allo scoccare dei primi quindici giorni senza Louis, torno qui, in questo “non luogo” così tanto più reale di quello che sembra, a raccontarvi (o forse a raccontare a me stessa -chissà se anche alla me stessa di un futuro prossimo che vorrà rileggersi) come sto.
Intanto c’è che, un quotidiano senza Louis, così impensabile, inimmaginabile, è la realtà con cui sto facendo i conti.
La fase che ho attraversato durante la malattia di Louis, quella che mi portava a voler uscire di casa per non vederlo soffrire impotente, per poi voler subito rientrare per ritrovarlo, si è inesorabilmente trasformata in una vera e propria insofferenza nello stare a casa.
Questo è stato il primo grosso scoglio che ho affrontato: superata la Domenica, in cui mi sono concessa il lusso di starci davvero poco, il Lunedì ho iniziato a forzarmi, poco alla volta.
Inconsciamente, o forse in modo assolutamente conscio e autodifensivo, ho tenuto la porta della sua camera chiusa (benché è la stanza dove ripongo i miei vestiti e volente o nolente son dovuta entrarci e fare i conti, per pochissimi istanti, e poi per più tempo, con una grande mancanza fisica).
C’è voluta una settimana per rimuovere la ciotola della sua acqua, per sistemare quella stanza che ora è così tremendamente ordinata, pulita, profumata.
Ce ne sono volute circa due di settimane, per riportare a casa il collare, lasciato in macchina e a cui ora ho dato una collocazione.
In un primo momento ho pensato “voglio trovare una teca dove riporlo” per poi iniziare a pensare che forse è proprio dove è adesso che voglio tenerlo: al centro della casa, appoggiato quasi in maniera provvisoria sulla foto che è stata usata poi dai negozianti per la campagna “io qui posso entrare”. Così, per avere il piacere misto alla difficoltà di interfacciarmi con quel ricordo, e tenerlo stretto ogni tanto, per spolverarlo e prendermene cura.
Come sto:
C’è che il quotidiano, che prima era pieno all’inverosimile, pieno anche di sue marachelle è un po’ più vuoto. C’è che ancora spesso quando sono fuori casa, anche con Mathìs, penso di dover tornare “che c’è Louis che mi aspetta” e invece no.
Ma se mi fermo a pensare, sento di non essere triste: la vita che abbiamo vissuto insieme è stata così straordinaria, a tratti perfetta, al di sopra di qualsiasi più rosea aspettativa che, non posso che farmi spuntare un sorriso.
Forse fa parte dello stesso senso di dovere che sentivo di avere nei confronti di Louis quando stava male, nel non farmi vedere triste da lui per poi piangere a singhiozzo una volta che sapevo era a riposo.
Forse fa anche parte di un senso di abbassamento dello stato di allerta, perchè sì, con Louis ed il suo carattere, sino all’ultimo si stava attenti a non scatenare conflitti, a non farlo innervosire, a non raccogliere qualcosa da terra se era nei paraggi.
Oggi, con la carta igienica di nuovo appesa al suo posto, con il bucato steso anche senza mollette, e con quella scorta di würstel ancora in frigo, sono serena.
Louis, come mi avete detto in tanti, non è più accanto a me, ma è in tante cose di me.